Inchieste
Stampa, chi non muore si rivede
Pubblichiamo il quinto articolo dell'inchiesta uscita sull'ultimo numero di NC e dedicata all'andamento del mercato della comunicazione negli ultimi 10 anni. Parlando di cambiamenti della stampa, la prima cosa che sarebbe da modificare è il nome. Nel senso che si stamperà sempre meno, ma ciò non decreterà la scomparsa dei giornali e delle riviste nei loro formati cartacei. Piuttosto essi diventeranno sempre più parte di un sistema integrato di informazione, che contempla anche le versioni online e mobile della testata, l’introduzione di contenuti audiovisivi e l’approdo sulla tv digitale terrestre e satellitare.
Se la tv è il mezzo tradizionale che ha meglio affrontato le nuove sfide, non si può certo dire lo stesso della stampa: quella periodica, in particolare, sta da tempo registrando rilevanti perdite sia sul fronte delle diffusioni sia su quello degli investimenti pubblicitari, accentuate pesantemente dalla difficile congiuntura macroeconomica.
Si impone, dunque, una via alternativa, che molti esperti vedono nella digitalizzazione. In alcuni casi, essa è già stata imboccata, in particolare da quei gruppi editoriali che hanno seriamente investito sulle piattaforme internet e che stanno accogliendo le novità dello sviluppo tecnologico, come, per esempio, il Gruppo Rcs che, dallo scorso maggio, ha lanciato la versione su iPad del Corriere della Sera. “L’iPad e i vari tablet che si rendono via via disponibili sul mercato - spiega Adriana (foto a sinistra) Ripandelli (Mindshare) - hanno già portato nel digitale un’estetica di qualità superiore. Ciò attira su questi device settori merceologici, come per esempio la moda, per i quali la qualità visiva della comunicazione è di primaria importanza”.
In un settore, dunque, sempre più digitale, sarà anacronistico parlare ancora di semplice ‘stampa’, perché, di fatto, si stamperà sempre meno, e sia i periodici sia i quotidiani saranno sempre più diffusi su pc, tablet e smartphone. Ciò tuttavia non decreterà la scomparsa del giornale o della rivista nei loro formati cartacei: assisteremo piuttosto a un intensificarsi del già iniziato percorso di trasformazione del prodotto editoriale cartaceo, che diventerà sempre più parte di un sistema integrato di informazione che contempla, oltre alla versione stampata del giornale, anche il portale online, arricchito, oltre che di contenuti testuali, anche di elementi audiovisivi, e di vere e proprie web tv. Ma non solo, perché il sistema integrato che ruota attorno al giornale cartaceo, si appoggerà sempre più anche sulla televisione digitale terrestre e satellitare, come, per esempio, già oggi accade con Repubblica Tv, determinando così un virtuoso intreccio di contenuti trasmessi su carta, online, mobile e tv.
10 anni di difficoltà
Se analizziamo l’andamento gli investimenti nel corso del decennio (vedi documento allegato in alto a destra, ndr) che si è appena concluso, notiamo che nel 2000 sia i quotidiani sia i periodici avevano un valore superiore al miliardo di euro, attestandosi i primi a 1,238 mld e i secondi a quota 1,199 mld (fonte Nielsen Media, tipologia commerciale nazionale). A differenza di quanto accaduto per la televisione, nel nostro paese, la stampa ha particolarmente risentito degli effetti delle crisi economiche, subendo un’emorragia di raccolta pubblicitaria, che, iniziata nel 2001-2002, si è poi pesantemente aggravata con la recente crisi del 2008-2009.
Nel dettaglio, se i quotidiani nel 2001 valevano 1,096 miliardi di euro, nel 2002 scendevano a 937,2 milioni, e nel 2003 a 859,1 mln. Mentre invece i periodici, che nel 2001 raccoglievano 1,251 miliardi di euro, nel 2002 scendevano a 1,151 mld, per riprendersi un po’ nel 2003, toccando quota 1,163 miliardi.
Poi, negli anni successivi, non si può negare il manifestarsi di una certa ripresa del mezzo, con l’incremento degli investimenti sia sui quotidiani sia sui periodici, specie nel 2007 quando i primi sono arrivati a 972,4 milioni e i secondi a 1,326 miliardi di euro.
Ma l’esplodere della crisi finanziaria ed economica del 2008-2009 ha penalizzato pesantemente il settore. Se nel 2008 i quotidiani valevano 868,3 milioni di euro, nel 2009 scendevano a 714,0 mln, per poi riprendersi, seppur lievemente nel 2010, raggiungendo quota 718,5 milioni di euro, valore tuttavia decisamente più basso rispetto ai 1,238 miliardi di euro con cui era iniziato il decennio nel lontano 2000.
Quanto ai periodici, il vero tracollo si è registrato nel 2009, quando si è passati dai 1,230 miliardi del 2008 ai 876,3 milioni dell’anno successivo, valore ulteriormente calato nel 2010, con una chiusura a quota 828,8 mln.
Infine uno sguardo alla free press, categoria che Nielsen Media analizza dal 2002, quando valeva 14,0 milioni di euro, e che, da allora, era sempre cresciuta anno dopo anno, con un grande salto di qualità nel 2007, grazie al passaggio da 30,1 mln a ben 95,6 milioni di euro. Ma l’ultima crisi sembrerebbe aver distrutto il ‘sogno’ della free press, ridimensionandone drasticamente la raccolta pubblicitaria, scesa dai 103,7 mln del 2008 ai 56,6 milioni del 2010, passando per i 73,9 del 2009 (fonte Nielsen Media, tipologia commerciale nazionale).
Mario Garaffa
In un settore, dunque, sempre più digitale, sarà anacronistico parlare ancora di semplice ‘stampa’, perché, di fatto, si stamperà sempre meno, e sia i periodici sia i quotidiani saranno sempre più diffusi su pc, tablet e smartphone. Ciò tuttavia non decreterà la scomparsa del giornale o della rivista nei loro formati cartacei: assisteremo piuttosto a un intensificarsi del già iniziato percorso di trasformazione del prodotto editoriale cartaceo, che diventerà sempre più parte di un sistema integrato di informazione che contempla, oltre alla versione stampata del giornale, anche il portale online, arricchito, oltre che di contenuti testuali, anche di elementi audiovisivi, e di vere e proprie web tv. Ma non solo, perché il sistema integrato che ruota attorno al giornale cartaceo, si appoggerà sempre più anche sulla televisione digitale terrestre e satellitare, come, per esempio, già oggi accade con Repubblica Tv, determinando così un virtuoso intreccio di contenuti trasmessi su carta, online, mobile e tv.
10 anni di difficoltà
Se analizziamo l’andamento gli investimenti nel corso del decennio (vedi documento allegato in alto a destra, ndr) che si è appena concluso, notiamo che nel 2000 sia i quotidiani sia i periodici avevano un valore superiore al miliardo di euro, attestandosi i primi a 1,238 mld e i secondi a quota 1,199 mld (fonte Nielsen Media, tipologia commerciale nazionale). A differenza di quanto accaduto per la televisione, nel nostro paese, la stampa ha particolarmente risentito degli effetti delle crisi economiche, subendo un’emorragia di raccolta pubblicitaria, che, iniziata nel 2001-2002, si è poi pesantemente aggravata con la recente crisi del 2008-2009.
Nel dettaglio, se i quotidiani nel 2001 valevano 1,096 miliardi di euro, nel 2002 scendevano a 937,2 milioni, e nel 2003 a 859,1 mln. Mentre invece i periodici, che nel 2001 raccoglievano 1,251 miliardi di euro, nel 2002 scendevano a 1,151 mld, per riprendersi un po’ nel 2003, toccando quota 1,163 miliardi.
Poi, negli anni successivi, non si può negare il manifestarsi di una certa ripresa del mezzo, con l’incremento degli investimenti sia sui quotidiani sia sui periodici, specie nel 2007 quando i primi sono arrivati a 972,4 milioni e i secondi a 1,326 miliardi di euro.
Ma l’esplodere della crisi finanziaria ed economica del 2008-2009 ha penalizzato pesantemente il settore. Se nel 2008 i quotidiani valevano 868,3 milioni di euro, nel 2009 scendevano a 714,0 mln, per poi riprendersi, seppur lievemente nel 2010, raggiungendo quota 718,5 milioni di euro, valore tuttavia decisamente più basso rispetto ai 1,238 miliardi di euro con cui era iniziato il decennio nel lontano 2000.
Quanto ai periodici, il vero tracollo si è registrato nel 2009, quando si è passati dai 1,230 miliardi del 2008 ai 876,3 milioni dell’anno successivo, valore ulteriormente calato nel 2010, con una chiusura a quota 828,8 mln.
Infine uno sguardo alla free press, categoria che Nielsen Media analizza dal 2002, quando valeva 14,0 milioni di euro, e che, da allora, era sempre cresciuta anno dopo anno, con un grande salto di qualità nel 2007, grazie al passaggio da 30,1 mln a ben 95,6 milioni di euro. Ma l’ultima crisi sembrerebbe aver distrutto il ‘sogno’ della free press, ridimensionandone drasticamente la raccolta pubblicitaria, scesa dai 103,7 mln del 2008 ai 56,6 milioni del 2010, passando per i 73,9 del 2009 (fonte Nielsen Media, tipologia commerciale nazionale).
Mario Garaffa