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Italia-Cina: un laboratorio per lo sviluppo responsabile

È stato presentato questa mattina, presso la sede di Altis, il nuovo Laboratorio italo-cinese CSR e imprenditorialità (CILCE), un'iniziativa congiunta di Altis e della Zhejiang University di Hangzhou. Fra le prime attività, scambi di docenti e studenti e due importanti progetti di ricerca.

È stato presentato questa mattina, presso la sede di Altis (Alta Scuola Impresa e Società dell'Università Cattolica di Milano), il nuovo Laboratorio italo-cinese CSR e imprenditorialità (CILCE), un'iniziativa congiunta di Altis e della Zhejiang University di Hangzhou.

Il progetto di cooperazione si focalizza su diverse tematiche, fra le quali responsabilità sociale d'impresa e strategie di sostenibilità, controllo etico della supply chain, imprenditorialità sociale, sviluppo di PMI, imprese familiari e distretti industriali e loro internazionalizzazione. Fra le attività del laboratorio sono previsti progetti di ricerca, scambi di docenti e studenti, progetti di cooperazione didattica rivolti a imprenditori ed executive.

Ad aprire i lavori è stato il preside della Facoltà di Economia dell'Università Cattolica, Alberto Cova, che ha ricordato l'importanza di avviare nuove iniziative di cooperazione con un paese solitamente vissuto come opportunità per le nostre grandi grandi ma una minaccia per le più piccole.

Il console economico e commerciale cinese a Milano, Yuan Lei, ha ricordato come da un lato siano 27.000 le imprese europee operanti in Cina, mentre dall'altro anche le imprese cinesi abbiano iniziato a investire in modo sempre più cospicuo sui nostri mercati: in quest'ottica, ha detto, "Lo scambio fra Cina e Italia deve essere culturale e non solo economico, proponendosi come obiettivo lo sviluppo sociale e soprattutto quello dei giovani".

Entrando nel merito delle attività del laboratorio, Zhong-Ming Wang, direttore del Zhejiang University Global Entrepreneurship Research Center e rettore esecutivo della School Of Management, ha illustrato le caratteristiche dei diversi distretti industriali cinesi in termini di approccio alle problematiche della responsabilità sociale d'impresa. "L'Università che rappresento – ha detto – è al centro della regione di Hangzhou, dove risiedono quasi 1,5 miloni di imprese piccole e medie, per la magior parte private e fra le più innovative dell'intera Cina. Una regione che ha attraversato un cambiamento rapidissimo negli ultimi anni, all'insegna dello sviluppo tecnologico e sociale, e alla cui base è sempre più forte il concetto di CSR come fulcro dell'attività imprenditoriale orientata al mercato e alla sostenibilità". E ha concluso: "Il nostro intero paese sta comunque affrontando l'avvicinamento al mercato globale in un'ottica di leadership etica".

Mario Molteni , direttore di Altis (nella foto), ha quindi illustrato il primo progetto di ricerca congiunto fra le università italiana e cinese, in collaborazione anche con il Centre for Business Organisations & Society di Bath (UK) e il Loyola Institute of Business Administration di Chennai (India): "Ci stiamo concentrando sull'eticità nella gestione della catena di fornitura perché crediamo sia un elemento chiave per la collaborazione fra imprese italiane e cinesi. Come in tutte le attività di Altis, l'obiettivo che ci poniamo non è solo quello della ricerca scientifica, ma generare cambiamenti e ricadute applicative".

Lo studio, che si concluderà entro l'anno, sta già dando alcune importanti indicazioni: "I sistemi di controllo delle imprese sul primo livello dei loro fornitori appaiono già consolidati – ha spiegato Molteni -. L'interesse per le pratiche di ESCM (ethical supply chain management) è evidente soprattutto per quanto riguarda gli aspetti ambientali, ma ancora limitata è l'integrazione degli aspetti socio-ambientali nei processi aziendali. E' quindi evidente che le imprese italiane dovranno investire di più da questo punto di vista per evitare possibile ricadute d'immagine e di business negative".

Un secondo progetto di ricerca è stato illustrato da Fabio Antoldi, direttore divisione PMI e distretti industriali di Altis: "Delle 27 mila imprese europee citate dal console – ha raccontato – solo 1.400 sono italiane, e di queste solo 300 hanno una struttura locale consolidata. Per questo, insieme alla Zhejiang University e ad altri due atenei, in India e in Brasile, abbiamo avviato un indagine per studiare le relazioni produttive/commerciali, relazionali e finanziari fra le piccole e medie imprese del settore tessile nei distretti di tutti e 4 i paesi. L'obiettivo è analizzare le esperienze di collaborazione possibili, i modelli di sviluppo, il profilo degli imprenditori".

L'ultimo intervento ha riguardato le problematiche legali e di CSR per le imprese italiane che vogliano investire in Cina: "Dobbiamo iniziare a vedere la Cina in modo diverso – ha spiegato Giampaolo Naronte, responsabile dell'area Cina dello Studio Legale Lega, Colucci e Associati -, perché questo paese sta dimostrando, molto più di quanto non sia avvenuto in Italia, di aver compreso l'importanza strategica e competitiva della certificazione e della responsabilità sociale, vista non come costo ma come plusvalore. Per molti anni la manodopera a basso costo ha rappresentato il fattore decisivo nella scelta degli imprenditori stranieri di collocare in Cina le proprie risorse produttive, ma ciò è destinato a cambiare".

Naronte ha ricordato infatti gli sforzi del governo cinese per affrancare il paese dal ruolo di 'world's factory', grazie anche alla recente introduzione di due nuove leggi: la 'Labour Contract Law', che segna un importante avvicinamento del sistema cinese agli standard occidentali in tema di sicurezza e salubrità dell'ambiente di lavoro, prevedendo sanzioni amministrative e perfino azioni penali nei confronti di chi non rispetta le norme; e la 'Employment Promotion Law', che per la prima volta vieta esplicitamente ogni forma di discriminazione nell'accesso al lavoro, parificando i diritti dei cittadini 'urbani' e 'rurali' (la cui diseguaglianza è stata fino a oggi causa primaria dello sfruttamento dei secondi). La stessa legge, inoltre, prevede pesanti sanzioni per i datori di lavoro che non utilizzino parte dei propri profitti per il tirocinio e l'aggiornamento professionale dei propri dipendenti. "La CSR non è citata direttamente dalle leggi - ha concluso Naronte -, ma è chiaro che è a quei principi che il legislatore cinese si è ispirato".