Inchieste

La forza della sorpresa

Guerrilla e street marketing sono oggi utilizzati per l’interesse che creano nel destinatario, colto in luoghi e momenti in cui non si aspetta di ricevere messaggi. A ciò si aggiungono i costi, ridotti rispetto ai media tradizionali. I rischi? Che vengano scelti come ripiego e che generino fastidio, anziché interesse. Pubblichiamo la seconda parte dell’inchiesta che l’ultimo numero di NC ha dedicato al tema.
Suscita emozioni, in un mondo sovraccarico di stimoli; soprattutto, crea un rapporto diretto di vicinanza con il destinatario, facendogli percepire un’immagine del brand vicina a sé. Il guerrilla marketing è oggi un mezzo a cui viene riconosciuta la capacità di costruire la marca in maniera efficace. E così è anche per lo street marketing, altra forma unconventional che ‘scende in strada’, vicino al consumatore. “Per sua natura, lo street e guerrilla marketing incidono soprattutto sulla percezione del brand - spiega Novella Scalera (foto 1 a sx), consumer marketing manager Yahoo! Italia -. Questo tipo di comunicazione, infatti, si basa sulla creazione di un momento privilegiato di dialogo tra la marca e le persone, nel nostro caso gli utenti. Per questo motivo, è particolarmente indicata quando si ha un messaggio, chiaro e ben definito, da comunicare e che ha a che fare con la percezione e i valori del brand”.

Vicino al target

In particolare, essa si rivela strategica in determinate occasioni, come il lancio di un prodotto, e per determinati tipi di brand, che trovano in questo canale modalità e linguaggi adatti al proprio target: Yahoo!, per esempio, marca ‘virtuale’, ben conosciuta sulla rete, ma che, come le altre, necessita di essere resa concreta e tangibile. Per Walt Disney Television, che ha un target molto giovane, permette di comunicare con il loro stesso linguaggio e le stesse modalità. E anche per Ducati si tratta di un mezzo perfettamente coerente con i propri consumatori. Come spiega il direttore marketing Diego Sgorbati (foto 2 a sx): “I nostri prodotti sono per natura fatti per stare su strada: per questo è giusto per un’azienda come la nostra mettere in atto delle iniziative che intercettino proprio on the road i nostri clienti”.

Ma, indipendentemente dal brand, al guerrilla e allo street marketing è riconosciuto da tutti un aspetto che li rende fortemente appealing: la carica innovativa e la sua capacità di sorprendere il consumatore in luoghi e momenti in cui non se lo aspetta, attirandone l’attenzione e stimolandone un ricordo duraturo. Come spiega bene Monica Passerini, community manager Ducati: “Nella guerrilla è costante l’elemento destabilizzante: il creare cioè una sorpresa per attirare l’attenzione. Ciò crea inevitabilmente un interesse maggiore da parte del soggetto ‘colpito’ e un coinvolgimento maggiore rispetto a quello ottenibile con altri mezzi”. Il coinvolgimento, appunto: quel tanto bramato engagement che questo tipo di attività non convenzionale raggiunge, attraverso un contatto diretto e non mediato con il pubblico, con eventi, esibizioni e operazioni di diverso tipo, spesso ad alto tasso di creatività e innovatività.

Secondo Carlotta Saltini, executive director marketing Walt Disney Television Italia, durante queste iniziative può essere utile, per far ricordare l’attività e il brand promotore, oltre a dare semplicemente un messaggio, “lasciare qualcosa nelle mani del pubblico, un piccolo gadget, che possa agire come reminder”. Tutto ciò è possibile, in molti casi, a fronte di investimenti contenuti, e sicuramente inferiori rispetto ad altri mezzi più tradizionali. “Anche se sono più complesse da gestire, queste attività costano molto meno dei media tradizionali e permettono ai clienti che non hanno grandi budget di fare campagne interessanti”, spiega Ercole Egizi, managing partner and creative director dell’agenzia romana Kennedy & Castro.

Strategia o ripiego?

Se il basso costo di attività di guerriglia e di street marketing è senza dubbio un vantaggio per le aziende che vi investono, questo aspetto può però essere allo stesso tempo un limite se si guarda in modo più ampio alla strategia di marketing. Ciò è bene illustrato da Paolo Iabichino (foto 3 a sx), direttore creativo OgilvyOne e OgilvyAction, che in modo tranchant dichiara: “Spesso queste modalità di comunicazione vengono richieste solo per sopperire all’assenza di budget importanti. Non sono quindi scelte perché considerate strategiche, ma solo come ripiego in mancanza di investimenti consistenti che permettono di fare altro. In questo caso sono solo furbizie che non fanno bene alle marche e al nostro mestiere”.

Inoltre, i costi possono invece essere molto alti se si decide di fare operazioni su larga scala. “Si propende quindi per attività localizzate, che raggiungono meno contatti, ma, al contempo, sono più concentrate e legate al territorio”, aggiunge Giordano (Ninjamarketing). Vi è poi il rischio che, anziché coinvolgimento, creino fastidio o indifferenza. Come spiega Sgorbati (Ducati): “Vi è la possibilità che, anziché generare sorpresa e interesse, suscitino invece indifferenza, il classico effetto ‘so what?’, che è esattamente il contrario del loro obiettivo. Sta dunque nella qualità e nell’execution fare in modo che ciò non accada”.

Ilaria Myr