Inchieste

La comunicazione dalla coda lunga

Alle agenzie dei grandi gruppi internazionali si sono affiancate, negli ultimi anni, numerose realtà italiane indipendenti. Flessibilità, snellezza della struttura e contatto diretto con il cliente i loro punti di forza. Pubblichiamo la seconda parte dell’inchiesta 'Felici e indipendenti' uscita su NC.
La presenza di numerose agenzie di comunicazione indipendenti è sotto gli occhi di tutti. Più o meno grandi, con più o meno storia, hanno in comune il fatto di essersi ritagliate un ruolo di rilievo sul mercato. “In realtà non è un fenomeno recentissimo - commenta Aldo Biasi (foto 1 a sx), figura storica della pubblicità italiana, presidente di Aldo Biasi Comunicazione -. Oltre alle realtà storiche, nei primi anni 2000 è iniziato l’esodo dai grandi gruppi da parte di molti creativi, che sono usciti per svariate ragioni: voglia imprenditoriale, desiderio di indipendenza, o anche perché estromessi”. Ma a questa prima fase ne è seguita, secondo Biasi, una più contemporanea. “Molte nuove agenzie indipendenti di comunicazione sono figlie del web, create da professionisti giovani che, partendo dal mondo di internet, hanno poi esteso le competenze agli altri ambiti della comunicazione”.

Difficile dire se la nascita di queste realtà imprenditoriali sia l’effetto di una crisi delle holding come sono esistite fino a oggi oppure se, al contrario, la comparsa di nuove agenzie, magari specializzate in ambiti specifici, abbia portato i grandi gruppi alla necessità di rivedere il proprio modello di business. Comunque sia, la conseguenza inevitabile è la ridefinizione di tutto il mercato della comunicazione. E i grandi gruppi sono i primi a essere al centro di questa evoluzione.

“È un processo inevitabile - commenta Maurilio Brini (foto 2 a sx), presidente di Tribe Communication, con un passato di creativo in McCann Erickson -. Le multinazionali stanno ripensando al loro modo di essere perché il mercato ha bisogno di strutture snelle, pronte, reattive, che sanno essere vicine ai clienti, che sanno interpretare il cambiamento con velocità”.

Di parere simile è Mario Catoni, socio di Catoni Associati, che parla di evoluzione darwiniana. “È in crisi un marketing di tipo industriale, che vede sempre e solo bersagli da colpire, che utilizza la parola ‘consumatore’. Il nuovo paradigma è quello del marketing sociale, caratterizzato da nuovi orientamenti di consumo e nuovi valori, a cominciare dalla ‘relazione’, che si instaura con pubblici e cittadini, intesi come soggetti attivi e non passivi”.

O forse, invece, come sostiene Emanuele Saffirio, partner e client service director di Saffirio Tortelli Vigoriti, è piuttosto un ritorno alle origini del mestiere dei pubblicitari? “Anche le grandi agenzie multinazionali sono state originate da uno o più imprenditori come dimostrano i nomi che ancora molte di queste agenzie ancora portano. Poi il mercato ha avuto una sua evoluzione che ha imposto la necessità di creare gruppi internazionali”.

Il risultato, comunque, è l’esistenza, nello stesso mercato, di poche agenzie che fanno capo alle holding e di molte realtà indipendenti. C’è chi vi vede la concretizzazione della ‘coda lunga’, pochi grandi player seguiti da tanti attori più piccoli. “È però necessario distinguere - precisa Valerio Franco, partner e brand strategist Enfants Terribles - fra quelle realtà con profilo locale, che tendono alla polverizzazione, e le strutture che pure di dimensione contenuta, vantano professionisti qualificati, che hanno scelto la strada dell’indipendenza”.

Soprattutto, a fronte della crisi contingente che ha investito tutti, grandi e piccoli, si dovrà vedere se questa long tail sopravviverà o se, invece, non sarà una stella cometa. Ma c’è anche chi, come Lorenzo Marini, presidente della Lorenzo Marini & Associati, più che un unico mercato con lo strascico, vede ampliarsi il divario fra queste diverse realtà.

“Concordo con quanto sostiene Martin Sorrell, che il mercato nel futuro si evolverà a forbice. Più si aprirà la parte gestita dalle multinazionali, più si allargherà quella appannaggio delle locali”. D’altronde, qualche segno in questo senso c’è già: “Basta sommare tutti premi che le agenzie indipendenti vincono al Festival di Cannes, e ci si rende conto che il loro peso globale è superiore a quello dei grandi gruppi”, precisa Marini. Non si tratta, comunque, di un fenomeno solo italiano. Secondo Roberto Carcano, amministratore delegato di Zero Adv: “È una realtà europea il fatto che agenzie indipendenti di paesi come la Svezia, l’Olanda o la Danimarca stiano acquisendo sempre più rilevanza, anche in termini di contrappeso ai grandi network. Quello che a oggi ancora ci distingue è la dimensione relativa, che in Italia, tende alla polverizzazione”.

Imprenditorialità e indipendenza

A ben guardare i due termini non sempre sono sinonimi. Sarebbe limitativo dire che indipendenti sono solo strutture che non fanno parte dei grossi gruppi. Come spiega Lorenzo Cascino (foto 3 a sx), fondatore e amministratore unico di Unbranded: “Si può essere comprati da una grande realtà, magari quotata in Borsa, ma continuare a muoversi da indipendenti sul mercato. Come pure, essere indipendenti non significa necessariamente essere piccoli, ma consiste nel non esser assoggettati a logiche internazionali, che non premiano il successo locale”.

Ma l’indipendenza in Italia non è sempre riconosciuta dai clienti come un valore. Ne è convinto Marini (Lorenzo Marini & Associati), che dichiara: “Da noi essere un’agenzia italiana non viene avvertito come un ‘plus’. A differenza di altri paesi, come Francia o Inghilterra, dove le aziende locali prediligono le agenzie locali. Ciò vale soprattutto nel mondo della comunicazione pubblica, che non è dei più limpidi”. Quello che invece è sentito all’unanimità dalle agenzie come ostacolo all’indipendenza, soprattutto nelle scelte strategiche, è il dover rispondere a logiche finanziarie, che costringono a rendere conto del proprio lavoro agli azionisti del gruppo a cui si appartiene. “L’essere liberi da vincoli burocratici e formali ed essere sempre aperti all’innovazione”, precisa Alberto Fusignani, amministratore delegato e socio fondatore di Independent Ideas. La stessa medaglia ha però due facce, e anche l’indipendenza ha alcune criticità proprie. Oltre al normale rischio imprenditoriale del mettersi in proprio, è sentita come difficoltà iniziale il crearsi un posizionamento e affermare i propri caratteri distintivi.

Un contatto più diretto con il cliente

Altro elemento comune a molte agenzie indipendenti, con palesi eccezioni delle più grandi, sono le dimensioni medio-piccole, che consentono rapporti meno ‘mediati’ da diverse figure professionali e, anzi, più diretti con il cliente. Che oggi, secondo la maggioranza degli intervistati, vuole esattamente questo. “La struttura ridimensionata, propriamente nel nostro campo, offre una maggiore snellezza del servizio - dichiara con convinzione Lucia Trinca (foto 4 a sx), direttore generale e responsabile eventi Identity Design -. Si avverte nell’aria il bisogno di una maggiore personalizzazione e di un rapporto più diretto con il cliente”.

Le aziende, dal canto loro, sembrano apprezzare questo tipo di approccio, che dalle agenzie è considerato il proprio punto di forza. “L’imprenditore cliente vuole un contatto forte con cui confrontarsi - aggiunge Vergani (Opinion Leader) -. È come se facessimo parte del board aziendale perché partecipiamo alle decisioni strategiche e ragioniamo da azionisti dell’azienda cliente”.

Inoltre, le dimensioni contenute possono permettere un’alta capacità di reazione e di esecuzione da parte dell’agenzia che, in tempi di incertezza come quelli attuali, si rivelano caratteristiche vincenti. Come spiega Marco Morosini, senior vice president e general manager The Ad Store: “Organizzazioni snelle, che contano all’incirca 50 risorse, sono ovviamente più reattive, dinamiche ed efficienti. Tutti questi motivi erano già chiari a Paul Cappelli nel 1993 quando, in diretta contrapposizione ai grandi network che lui chiama notwork, lascia i vertici di una grande sigla per creare il primo system indipendente di agenzie: The Ad Store, di cui noi facciamo parte”.

I soci Mauro Mortaroli, Alfredo Valz e Nicola Brunialti, rispettivamente presidente, amministratore delegato e direttore creativo di Mortaroli&Friends la pensano così: “A essere ‘piccoli’ si è più coesi, più uniti, più coinvolti, si rema tutti nella stessa direzione senza perdere tempo in altre attività che con il lavoro hanno ben poco a che fare”. Non da ultimo, un’organizzazione snella consente un importante ruolo di consulenza da parte dell’agenzia, perché, “avere un contatto diretto tra decision maker velocizza i tempi e crea un rapporto fiduciario tra i responsabili del progetto - dichiara Fusignani (Independent Ideas) -. È però necessario che all’interno dell’azienda, così come dell’agenzia, esista un processo e una capacità di delega che snelliscano la fase ‘brief-proposta creativa’ e la successiva ‘approvazione-esecuzione’”.

Tutto ciò non significa certo che solo le realtà piccole lavorino in modo agile, così come che solo loro, in virtù di una maggiore snellezza, siano in grado di instaurare relazioni dirette con i clienti. A monte, infatti, ci deve sempre essere competenza e professionalità.

Soluzioni a servizio dell’idea

Proprio per fornire ai clienti soluzioni vicine alle richieste e progetti integrati, molte agenzie si sono organizzate internamente con unità o team integrati o mettendo a punto modalità operative particolari. È il caso di Tribe Communication, che ha sviluppato il sistema del Cerchio Creativo, che vede tutti i componenti di Tribe riuniti attorno a un tavolo nella creazione di un progetto di comunicazione. In The Ad Store, poi, “il team di gara che ‘vince’ l’incarico sarà il team che realmente farà il lavoro”, spiega Morosini.

Ciò vale anche per alcune delle agenzie indipendenti più grandi, che si sono strutturate internamente in diverse società preposte alle diverse discipline, con l’obiettivo di rispondere in modo agile e mirato alle richieste. Nel caso del Lorenzo Marini Group, per il quale lavorano circa 80 persone, il modello operativo è quello del ‘pentagono’, basato sul lavoro di cinque agenzie indipendenti partecipate, con pesi diversi, dalla holding Lorenzo Marini Group, e operative in ambiti differenti: Lorenzo Marini & Associati per l’adv classico, Tailor Media per il media, Emme3 per il web digital marketing, Menabò per il below the line e Harvest per le relazioni pubbliche.

Un discorso simile esiste anche in Armando Testa, la più antica agenzia italiana. Come noto, oltre all’agenzia creativa, fanno parte del network anche: Bitmama, l’agenzia di comunicazione creativa digitale, nata dalla fusione tra Aware (gruppo Reply) e Testawebedv, InTesta, agenzia di corporate identity, Little Bull, casa di produzioni audiovisive, e il centro media Media Italia.

Aperti alla sfida digitale

Che siano grandi o piccole, comunque, tutte le agenzie intervistate devono affrontare la ‘rivoluzione digitale’, integrando nella propria proposta servizi digitali e interattivi. “Oggi è imprescindibile parlare al consumatore attraverso l’interazione digitale - spiega Alberto Vergani (Opinion Leader) -. Noi abbiamo acquisito le competenze integrando nella nostra agenzia un team digitale pre-esistente”. Enfants Terribles, invece, ha creato ad hoc al suo interno la struttura di comunicazione non convenzionale digitale Ebola Industries. E in The Ad Store le probabilità che un progetto non abbia corollari digitali sono vicine allo zero. Tutto ciò avviene nonostante la comunicazione digitale in Italia, seppure in crescita, rappresenti ancora una percentuale bassa degli investimenti. Ma, d’altro canto, il fatto che le agenzie si attrezzino per affrontare questa sfida è già un segno che il mercato comunque si muove.

Nel caso di Kettydo, il digitale è nel dna stesso dell’agenzia. “La nostra agenzia studia strategie di posizionamento per il target dei nati con tastiera e cellulare sotto i polpastrelli delle dita”, spiega il ceo Federico Rocco. Ma anche per le agenzie create da personalità con una grande esperienza nell’advertising classico, come Aldo Biasi Comunicazione o la più recente Cernuto Pizzigoni & Partners, il driver digitale diventa parte irrinunciabile dell’offerta. “Abbiamo cercato di integrarla ‘ideologicamente’ cogliendone tutte le potenzialità e la capacità di innovare modalità e linguaggio della comunicazione - spiega Barbara Arioli, partner di Cernuto Pizzigoni & Partners -. Abbiamo poi creato, su questo specifico terreno, un network di collaboratori e talenti con i quali ci confrontiamo sui singoli progetti fin dalla fase iniziale di brief del cliente e di sviluppo strategico”.

In Lorenzo Marini & Associati (l’agenzia adv del Lorenzo Marini Group, di cui fa parte Emme3) la ‘digitalizzazione’ è un processo in corso, che porterà alla creazione di un reparto web interno. Un approccio integrato alla comunicazione, che considera il digitale un’opportunità in più per comunicare accomuna le differenti strategie adottate. E, come ama dire Saffirio (Stv), “per fare viaggiare le nostre idee”.

Un passato che conta

Lo abbiamo detto più volte: molte delle agenzie indipendenti sono state fondate da persone provenienti dai grandi gruppi internazionali che, per motivi diversi, hanno poi deciso di creare la propria realtà. Comune a tutti è l’esperienza all’interno dei grandi gruppi, che ha influito su quella attuale di indipendenti. Per Aldo Biasi (Abc) con un passato, fra l’altro, da direttore creativo esecutivo in Leo Burnett e Publicis/Fcb, “è stato importante, ma ho cercato di farlo pesare il meno possibile nella fase di posizionamento della mia agenzia - spiega -. E poi ‘sbandierare’ esperienze di decenni fa oggi serve sempre meno, perché è cambiata la lingua della comunicazione: ho dovuto rivedere molte delle leggi che sembravano immutabili e costruire la mia agenzia su dinamiche nuove”.

La diversità del fare comunicazione oggi emerge anche nelle parole di Maurilio Brini (Tribe Communication): “Massimo rispetto per le Navi Scuola, ma negli anni ‘80 e ‘90 il clima aziendale e sociale era diverso, l’entusiasmo e il lavoro di gruppo erano la quotidianità. Ricordo la forza del team, la visione del mestiere dei miei ‘maestri’: cosa che ora non vedo e che cerco di fare nel mio piccolo per ridare quello che ho ricevuto: entusiasmo e umiltà. E mai paura”.

Lorenzo Marini (Lorenzo Marini & Associati) ritiene che l’esperienza più importante per lui sia quella nell’italiana Armando Testa in termini di creatività, mentre delle agenzie dei network in cui ha lavorato (Ogilvy e Leo Burnett) è stata interessante in termini strategici. “La Armando Testa era un’agenzia in cui vigeva un grande rispetto per il lavoro creativo, dove l’entusiasmo perenne di Armando Testa era contagioso”.

Per molti, invece, il lavoro nei grandi gruppi ha permesso di venire a contatto con questo mondo e quello dei grandi clienti. Lorenzo Cascino (Unbranded), dal 1997 al 2003 in Ogilvy, Publicis e Bgs D’Arcy, afferma: “Queste esperienze mi hanno permesso di comprendere le logiche della grande agenzia internazionale, dei grandi brand e dei grandi clienti”. E per Emanuele Saffirio (STV): “Ci siamo portati dietro l’esperienza fatta su grandi clienti, l’abitudine a pensare in grande, a dare sempre il massimo, a non dare mai nulla per scontato”.

Una doppia esperienza, da agenzia (Saatchi & Saatchi) e da cliente (sei anni in Fiat Auto) quella di Alberto Fusignani (Independent Ideas), che dichiara: “Il mix delle due esperienze mi ha reso ‘independent’”.

Barbara Arioli (Cernuto Pizzigoni & Partners): “Portiamo nel nostro lavoro e in questa nuova esperienza una cultura e una visione internazionali, il lavoro con metodologie e discipline strutturate, il confronto con brand e clienti tra i più importanti del mercato. Oggi aggiorniamo il tutto con un rinnovato spirito imprenditoriale e la voglia di metterci in gioco senza la mediazione delle strutture”.

Roberto Carcano (Zero Adv): “Il mio socio Massimo Bietti ha esperienze in Y&R e io come advertising manager di una multinazionale e come account director in P&T Needham. Conoscere la formula organizzativa del network internazionale e il versante cliente aiuta a capire e a crearsi i punti di forza”.

Ilaria Myr